Ho lasciato
entrare la
tempesta
di Hannah Kent
Pagine 347
Prezzo 17,50
di Hannah Kent
Pagine 347
Prezzo 17,50
Piemme
già disponibile
voto:
5/5
5/5
--o--
Considerazioni.
Tanto freddo, vento gelido, brughiera battuta da nient'altro che aria sferzante e brutale e ancora vento che strappa tutto, foglie dagli alberi, il bucato dalle mollette, i capelli dalle acconciature, cappelli dalle teste degli uomini, le palle dalle mani dei bambini e vita dalle persone. Questa, lettori e lettrici, è l'Islanda dell'Ottocento.
In questa riserva naturale a cielo aperto, una sentenza orribile veniva comminata ad un donna di nome Agnes:
"Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata giudicata complice di omicidio.
Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata giudicata colpevole di incendio e di omicidio premeditato.
Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata condannata a morte".
da "Ho lasciato entrare la tempesta" di Hannah Kent
E sono parole che pesanti come macigni e taglienti come coltelli quelle che spezzano le giornate gelide del perenne inverno che ricopre l'Islanda e ammantano persone e cose di un'atmosfera nera, testa, infausta, che come una cappa avvolge il cielo e non sembra voler andar via.
Agnes è accusata di aver commesso un brutale omicidio, quello del suo Natan Ketilsson, ed è stata condannata a morte per questo motivo, e forse, l'episodio di questa storia non sarebbe stato nemmeno narrato se tutto si fosse concluso con l'immediata esecuzione della rea. Ma questa storia è in qualche modo più crudele, più logorante di un'attesa di qualche minuto in prigione prima dell'esecuzione, perché Agnes vive in un posto solitario e penoso senza una sorta di carcere in cui piangere il rimorso dei suoi peccato, ma solo un famiglia del luogo che la ospita fino all'esecuzione della sua condanna.
"Dicono ch’io debbo morire. Dicono che ho sottratto il respiro agli uomini, e che adesso debbo subire la stessa sorte. E allora immagino che siamo tutti come fiammelle di candele accese, scintillanti, tremule nell'oscurità, e poi immagino l’ululato del vento, e nel silenzio della stanza sento dei passi, passi che si avvicinano minacciosi, che vengono a soffiare su di me e a ridurre la mia vita a un refolo di fumo grigio. Mi dissolverò nell’aria e nella notte. Ci spegneranno tutti, uno a uno, finché non rimarrà altro che la loro luce, e solo quella vedranno."
da "Ho lasciato entrare la tempesta" di Hannah Kent
E tutto diviene riflessione profonda, oserei dire agognata riflessione sull'intima percezione di se stessa (Agnes), sugli altri, sul significato della vita, dell'esistenza e delle proprie azioni, anche come intese dagli altri.
Quello su cui pone l'accento il romanzo della Kent è quanto più la morte si avvicina la vita, quanto più è necessario che quest'ultima necessiti di essere sottoposta al microscopio della coscienza, della verità delle considerazione, alla visura del prospetto di se stessi e l'ingrandimento che gli altri fanno della persona che siamo, diversa e sicutarmente altra.
Non è un romanzo che effettua questa indagine con una introspezione psicologica tormentata o pesante. E' piuttosto una visione intrigante di un'anima che fluttua in una sorta di sogno, di realtà incompiuta, sgomenta delle proprie azioni e ancora non del tutto sciente di quanto accadutole. Troppo tragico il fatto, troppo dura e dolorosa la vicenda consumatasi, troppa l'acredine, la durezza e la sicurezza delle condanna morale di chi non sa o non osa immaginare.
La gente, che molto spesso è l'origine di tutto e la condanna di ogni cosa è sostanzialmente l'altra parte della vicenda oggetto di questo romanzo, che costituisce anche l'accusa maggiore verso qualcosa che non si conosce, troppo facile da additare, ma un inferno da vivere sulla propria pelle, da ricordare, tanto da spingere una donna a togliere ad un uomo quanto più prezioso possieda un uomo: la vita. Perchè, come diceva un famoso film, "è una cosa grossa uccidere un uomo: gli togli tutto quello che ha, e tutto quello che sperava di avere"* ma una forza maggiore una forza pari a tutto quello che sei, che hai vissuto, che ti è impropria, ingiustificata e ingiustificabile, ingiusta, immorale e insana si appropria dell'anima e si esenta dal pensiero e in qualche modo di compie ed esecrabilmente si paga.
La Kent è particolarmente cristallina in questo: la condanna della gente ignorante è assoluta, quella per il delitto indubbi, ma dato questo semplice fatto non è assolutamente possibile non sindacare le ragioni, non compiere iperboli indispensabili per conoscere la natura così varia e inspiegabile ci muove.
E lo fa in modo elegante, semplice, pulito, oserei dire minimalista. Quella che emerge è un libro che costituisce un atto di onestà e verità per se stessi. Non c'è amore, ludibrio o affanno, ma un pacato flusso di coscienza sulle azioni, commesse in relazioni all'espiazione attese.
"Ho lasciato entrare la tempesta" penetra e oltrepassa le attese, parla dritto alla mente, alla coscienza di ogni lettore, ed è imperdonabilmente onesto nel suo incedere, nel narrare una vicenda dalla sua fine, ma come dicono i Florence and the Machine "When it's over, you're the start"* e si ricomincia a pensare in modo diverso, tornando all'inizio, laddove ci siamo spezzati, e pensare a come siamo arrivati alla rottura, cercando di condannarci e nella condanna, magari, trovare un perdono, ma non quello degli occhi di guarda, ma quello della mente che custodiva la mannaia, che ha commesso il reato, che ha giudicato e condannato, che ha spezzato e voluto, e dunque immeritabile, ma nella speranza di poterlo conquistare ... intanto spendendo l'eternità nel flusso delle constatazioni di quel che è stato.
La Kent è stata davvero brava nel costruire una vicenda pervasa di pensiero profondo, considerazioni interessanti, versioni di un accaduto che sono riflessione ponderata e intelligente, che muove e commuove e vale davvero una lettura.
* dal film "Gli Spietati" regia di Clint Eastwood.
* 'No Light No Light' by Florence and the Machine Quello su cui pone l'accento il romanzo della Kent è quanto più la morte si avvicina la vita, quanto più è necessario che quest'ultima necessiti di essere sottoposta al microscopio della coscienza, della verità delle considerazione, alla visura del prospetto di se stessi e l'ingrandimento che gli altri fanno della persona che siamo, diversa e sicutarmente altra.
Non è un romanzo che effettua questa indagine con una introspezione psicologica tormentata o pesante. E' piuttosto una visione intrigante di un'anima che fluttua in una sorta di sogno, di realtà incompiuta, sgomenta delle proprie azioni e ancora non del tutto sciente di quanto accadutole. Troppo tragico il fatto, troppo dura e dolorosa la vicenda consumatasi, troppa l'acredine, la durezza e la sicurezza delle condanna morale di chi non sa o non osa immaginare.
«Non è giusto. La gente sostiene di conoscerti per le cose che hai fatto, e non perchè si è seduta ad ascoltare la tua versione dei fatti. Per quanto tu provi a vivere una vita retta, se in questa valle compi un passo falso, non sarà mai dimenticato. Non importa se hai agito per il bene."
da "Ho lasciato entrare la tempesta" di Hannah Kent
La gente, che molto spesso è l'origine di tutto e la condanna di ogni cosa è sostanzialmente l'altra parte della vicenda oggetto di questo romanzo, che costituisce anche l'accusa maggiore verso qualcosa che non si conosce, troppo facile da additare, ma un inferno da vivere sulla propria pelle, da ricordare, tanto da spingere una donna a togliere ad un uomo quanto più prezioso possieda un uomo: la vita. Perchè, come diceva un famoso film, "è una cosa grossa uccidere un uomo: gli togli tutto quello che ha, e tutto quello che sperava di avere"* ma una forza maggiore una forza pari a tutto quello che sei, che hai vissuto, che ti è impropria, ingiustificata e ingiustificabile, ingiusta, immorale e insana si appropria dell'anima e si esenta dal pensiero e in qualche modo di compie ed esecrabilmente si paga.
La Kent è particolarmente cristallina in questo: la condanna della gente ignorante è assoluta, quella per il delitto indubbi, ma dato questo semplice fatto non è assolutamente possibile non sindacare le ragioni, non compiere iperboli indispensabili per conoscere la natura così varia e inspiegabile ci muove.
E lo fa in modo elegante, semplice, pulito, oserei dire minimalista. Quella che emerge è un libro che costituisce un atto di onestà e verità per se stessi. Non c'è amore, ludibrio o affanno, ma un pacato flusso di coscienza sulle azioni, commesse in relazioni all'espiazione attese.
"Ho lasciato entrare la tempesta" penetra e oltrepassa le attese, parla dritto alla mente, alla coscienza di ogni lettore, ed è imperdonabilmente onesto nel suo incedere, nel narrare una vicenda dalla sua fine, ma come dicono i Florence and the Machine "When it's over, you're the start"* e si ricomincia a pensare in modo diverso, tornando all'inizio, laddove ci siamo spezzati, e pensare a come siamo arrivati alla rottura, cercando di condannarci e nella condanna, magari, trovare un perdono, ma non quello degli occhi di guarda, ma quello della mente che custodiva la mannaia, che ha commesso il reato, che ha giudicato e condannato, che ha spezzato e voluto, e dunque immeritabile, ma nella speranza di poterlo conquistare ... intanto spendendo l'eternità nel flusso delle constatazioni di quel che è stato.
La Kent è stata davvero brava nel costruire una vicenda pervasa di pensiero profondo, considerazioni interessanti, versioni di un accaduto che sono riflessione ponderata e intelligente, che muove e commuove e vale davvero una lettura.
* dal film "Gli Spietati" regia di Clint Eastwood.
Hannah Kent. Giovanissima autrice australiana (1985), ha esordito con Ho lasciato entrare la tempesta
nel 2013, lasciando stupefatta la critica e incantando il pubblico dei
molti paesi in cui il romanzo è stato finora tradotto. L’ispirazione per
il romanzo è nata durante un periodo di studio in Islanda, dove per la
prima volta ha sentito la storia di Agnes Magnúsdóttir – l’ultima donna a
essere stata condannata a morte sull’isola – e se n’è innamorata. Ho lasciato entrare la tempesta
ha vinto l’Indie Award, il premio dei librai indipendenti australiani,
come miglior debutto dell’anno. Inoltre è stato finalista al Guardian
First Book Award e al Baileys Women’s Prize.
A questo punto mi tocca reperirlo!!! ^^
RispondiEliminaEndi, non ho avuto il coraggio di leggere questo romanzo... mi ha sempre messo addosso un senso di disperazione e angoscia. Sinceramente penso di rimanere sulle mia posizione e non leggerlo. Lieta, in ogni caso, di aver letto le tue opinioni.
RispondiElimina@Pila
RispondiEliminaA me è piaciuto moltissimo, davvero molto molto molto :)
@Ludo
Assolutamente concorde e giustamente liberissima :) Per leggerlo con la morte del cuore meglio lasciarlo a prendere polvere sugli scaffali in attesa di un lettore più attratto! Ci sono libri che non attraggono proprio nonstante i mille pareri (anche positivi) ... capita, e non resta che passare oltre ;)
xoxoxo
Endi
Che bella recensione! Complimenti! Ho adocchiato "Ho lasciato entrare la tempesta" da subito, quando è uscito, e sono sempre più convinta che DEVO leggerlo! Un abbraccio Maria
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