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venerdì 11 ottobre 2013

Recensione: "Chiamate da Amsterdam" di Juan Villoro







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Chiamate da 
Amsterdam 
di Juan Villoro
Pagine 80
Prezzo 10,00 €
Ponte alle Grazie 
già disponibile
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Juan e Nuria sono sposati da dieci anni e all’improvviso si apre per loro la possibilità di trasferirsi ad Amsterdam. 
cover originale
Quando ormai tutto è pronto per la partenza, però, a sconvolgere le loro vite arriva l’improvvisa notizia della malattia del padre di lei. 
Nuria viene riassorbita nel vortice dell’affetto filiale e, dal canto suo, Juan non sa opporsi all’inesorabile allontanamento della moglie e si lacera con i dubbi sulle vere ragioni di questa scelta. 
In assenza di risposte certe, Juan si trascinerà per anni nell’ossessione per la donna amata e perduta, illudendosi che anche questa sia una forma di vita.

 
Considerazioni.
Romanzo che mi ha portato lontano. Non solo per quanto riguarda il posto in cui è ambientato, anche perchè si, siamo ad Amsterdam, ma non è una località tanto esotica da poter essere definita "lontana", no? 
No, infatti, piuttosto perchè mi ha portato in un altro tempo, come stile, come esposizione della storia, come caratterizzazione dei personaggi ed evoluzione della storia che induce una comprensione, da parte del lettore, subitanea del personaggio, ma non delle intenzioni.

Con molto mordente nella storia e poca stemperata scrittura ecco che seguendo la scia drammatica e infausta del brillantissimo Yates nel famigerato Revolutionary Road, Villorio, ci disegna la storia di una copia che potremmo definire sicuramente collaudata, ma assolutamente poco solida, che per rinsaldare un legame che si è dissolto in se stesso e logorato dal tempo in un luogo che è il Messico, decidono di tentare un salvaggio del loro legame affrontando un viaggio con meta Amsterdam. 

In realtà i protagonisti mai partiranno dall'assolato Messico perchè lei, Nuria, (giornalista) e lui, Juan, (aspirante artista di successo, ma non prorpio nella realtà) dovranno affrontare la malatttia del padre di lei, che ammalatosi gravemente non permette (per le avverse circostanze) la partenza dei due sposi, che così si separano. 
I due vedranno sepate le loro vite, uno (lei) a New York, uno (lui) sempre in Messico - presi da due nuove e differenti vite, nuovi amtrimoni, figli, ecc... - in una girandola di colpe, silenzi, abbandoni, sbandate e rimproveri sordi che vireranno ad un incontro tra i due.
Il tempo, infatti, darà loro un'occasione - che non posso svelare (in quanto costituisce il colpo di teatro del romanzo) - che riavvicinerà due anime che non possono appatentemente che non vedersi insieme ... o forse annegare per sempre nella nostalgia.

 

Romanzo brevissimo, ma proprio perchè coinciso (80 pagine circa) riesce a graffiare in profondità e raggiungere il nucleo essenziale della storia che Villorio ci vuole raccontare: l'amore, la lontanza, la possibilità di riprendere una storia laddove era stata interrotta, forse, la possibilità della felicità, la nostalgia e  il sacrificio.
Villorio ha scritto una storia toccante che esamina essenzialmente la possibilità di salvezza, in un viaggio, di un matrimonio. Come già dicevo precedentemente, già con Yates avevamo compreso che solitamente, naufraga sia il viaggio, che la coppia, ma loro ovviamente ci provano e falliscono miseramente, se non con l'anticipazione, in quanto non partiamo nemmeno per l'Olanda, perchè il viaggio naufraga nelle circostanze.

Ho amato questa piccola storia, perchè è impressionante l'abilità di Villorio di rappresentare una storia tanto intensa e due personaggi tanto complessi in così poche pagine e con un'intensità tale da non abbandonare tutti e tre questi elementi per un pò di tempo. 
Passione, odio, amore, incompatibilità, fuga da se stessi e dal mondo, pur di non confessare un fallimento, ma la volontà, una volta riconosciuta la menifesta grandezza dell'errore c'è anche tanto volontà di riprovare senza commettere più errori, senza commettere gli stessi ed essere migliori.
 
Il messaggio che passa Villorio secondo me è meraviglioso, perchè molto spesso ci si sposa in fretta e altrettanto in fretta si abbandona. Questo mio non è un giudizio, quanto piuttosto una considerazioni che mi sento di dire in relazione a quanto vedo.

Villorio ci dice che bisogna lottare, costruire, affondare e risorgere, perchè se si scelgie di stare insieme a qualcuno, questa scelta non è quella più facile, nè la più scontata, perchè si è in due, ed è piuttosto un castello che bisogna costuire dalle fondamente senza lasciare affondare piano piano nella palude della quieta disperazione.

Consigliato!!

 

Juan Villoro è nato a Città del Messico nel 1956. Laureato in sociologia, è appassionato di rock e cinema, e ha un passato da diplomatico: tra il 1981 e il 1984 ha lavorato all’ambasciata messicana a Berlino Est. Collabora con prestigiose riviste e quotidiani, tra cui Internazionale e El País. Noto da anni alla critica spagnola e ispanoamericana, ha ottenuto ampio consenso dopo la pubblicazione del romanzo El testigo (2004), che gli è valso il Premio Herralde dell’Editorial Anagrama. In Italia, Salani ha pubblicato con successo il suo Il libro selvaggio.

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