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mercoledì 4 dicembre 2013

Recensione: "The Returned" di Jason Mott

 
 
 
 
 
 
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The Returned
di Jason Mott
Pagine 336
Prezzo € 16,00
Harlequin Mondadori
già disponibile

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Per Harold e Lucilie Hargrave la vita è stata felice e amara allo stesso tempo, da quando hanno perso il figlio Jacob il giorno del suo ottavo compleanno, nel 1966. 
In tutti questi anni, si sono adattati a una vita tranquilla, senza di lui, lasciando che il tempo alleviasse il dolore... 
Finché un giorno Jacob, il loro dolce, prezioso bambino, misteriosamente, ricompare alla loro porta, in carne e ossa. 
E ha ancora otto anni. 
Qualcosa di strano sta succedendo... i morti stanno tornando dall'aldilà. 
Mentre il caos rischia di travolgere il mondo intero, la famiglia Hargrave di nuovo riunita si ritrova al centro di una comunità sull'orlo del collasso, costretta a fare i conti con una realtà nuova quanto misteriosa e con un conflitto che minaccia di sovvertire il significato stesso di genere umano.

 

Considerazioni.
Coinvolgente. Strano. Delicato. Forte. Consapevolmente straziante. Dolce. Nel caso vi chiedeste quello che penso in merito al romanzo.

La trama di per sè non è molto complicata, seppure geniale nel suo piccolo: Harold e Lucilie - due coniugi anziani e stanchi che litigano continuamente (quasi spassosamente e amorevolmente) su praticamente ogni sciocchezza capiti loro a tiro - che vivono ad Arcadia, Kansas, una città tranquilla (non dico mortorio perchè sembrerebbe una presa in giro) in cui non capita mai nulla, dove i precetti religiosi sono fondamentali e i testi sacri sono legge. Nulla di strano, direte, certo, non fino a quando il figlio morto annegato nel 1966 di Harold e Lucilie non bussa alla loro così come era uscito di casa il giorno della tragedia, vivo e vegeto. E' l'inizio di un avvenimento che man mano porterà, nel mondo, a conoscere la comparsa sulla terra dei Redivivi, che tornano dall'oltretomba. Ovviamente questo fatto porterà due tipologie di conseguenze: la prima nei rapporti tra le famiglie e i Redivivi (Sono veramente i loro cari? Sono veramente vivi? Perchè sono tornati? Cosa vogliono?), la seconda riguarda invece il rapporto tra il fenomeno Redivivi e la repressione del problema, causato dalla ricomparsa "ingestibile" di questi ultimi (ovviamente per paura, ma soprattutto per stupidità) da parte dello Stato, ed in particolare per il Bureau appositamente creato per occuparsi del problema.

Avere presente la copertina di questo romanzo? Bene, perchè mi sono sentita così una volta che l'ho concluso e posato sul comodino: strana, sottosopra, ma dolcemente avvolta nella consapevolezza del perdono, dell'accettazione della morte, della bellezza e della rarità del tempo che abbiamo e condividiamo con le persone che più amiamo e che una volta perse, per la naturale finitudine a cui tendiamo, rimangono strangolate nella morsa del nostro perdono e del nostro rimpianto (a volte, certo).
 
 E' un romanzo profondo, che aggredisce l'animo e sveglia i ricordi assopiti, che tutti abbiamo, in considerazione della morte e che da modo ai personaggi, mediante una storia articolata con molta forza (in tutti i sensi) fisica, mentale, coattiva da parte dello Stato nell'imporre la sua volontà.

Mott mi ha lasciato di stucco con la sua scrittura del sud dolce e diretta, amorevole ma a tratti disincantata, quasi ruvida, brutale per quello che ha dire. Un aspetto su tutti che mi ha conquistato della sua scrittura, del suo romanzo è stato il fatto che non si soffermi a comprendere i Redivivi, cosa sono, perchè sono sulla terra, cosa cercano, di cosa sono fatti, quanto piuttosto si sofferma sui vivi, per comprenderli, perchè in fondo, non sono loro i protagonisti, ma i vivi, che devono utilizzare i Redivivi per comprendere il perdono, l'accettazione  e passare oltre quella visione impietosa che a volte le giovani morti inspiegabili, le dipartite violente in generali, lasciano al loro verificarsi nei cuori di chi rimane, che rimane congelato in quell'attimo, a ripeterlo sempiternamente in un giro vizioso all'autodistruzione, che non arreca nulla di buono, se non altro dolore. Ecco dunque che non occorre nemmeno esplicitarti tutto, si lasciano al lettore, a me, le consclusioni del caso, le motivazioni che possono esserci alla base. Non occorre dire altro.

Questo romanzo è stato sostanzialmente, come ammesso da Mott stesso, un modo per superare la morte della madre, che inconsciamente non ha mai superato, se non con la scrittura di questo romanzo, con il superamento grazie alla consapevolezza. Romanzo di superamento per lui, ma di riflessione per me che l'ho letto con infinita dolcezza e comprensione.

Mi è rimasto nel cuore, davvero.

Consigliato!!

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