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martedì 23 settembre 2014

Recensione: "La Dea delle Piccole Vittorie" di Yannick Grannec.


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La Dea 
delle
Piccole Vittorie
di Yannick Grannec
Pagine 400 circa
 Prezzo  € 17,60
ebook € 12,99
Longanesi
ebook/cartaceo
già disponibile
voto:
4/5

--o--








 
 
Ottobre 1980, Princeton: 
una giovane archivista, Anna Roth, riceve l'incarico di recuperare tutti i documenti di Kurt Gödel, il più affascinante ed ermetico matematico del ventesimo secolo. 
cover originale
Per farlo deve avvicinare la vedova del grande genio, morto da due anni, un'anziana e spigolosa signora che sembra voler mettere in atto una sorta di vendetta tardiva nei confronti dell'establishment accademico rifiutandosi di cedere un archivio dal valore storico e scientifico incommensurabile. 
Fin dal primo incontro, Adele Gödel si mostra diffidente nei confronti di Anna eppure non la respinge. Si limita a imporle le proprie regole. 
Perché Adele sa che le resta poco da vivere ma c'è una storia che vuole assolutamente raccontare, una storia che nessuno ha mai voluto ascoltare. 
Dal grande fermento culturale della Vienna anni Trenta alla Princeton nell'immediato dopoguerra, dal maccartismo all'avvento delle armi nucleari, Anna scopre la vita di una donna che ha a lungo caparbiamente cercato un impossibile equilibrio fra genio, amore e follia.
 

Considerazioni.
Diceva Truman Capote:
"Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; e questa frusta è intesa unicamente per l’autoflagellazione."
Generalmente, più il dono è grande, più la maledizione che l'accompagna è potente. Questo vale anche per il protagonista assoluto di questo romanzo, Kurt Gödel.

Kurt Gödel fu un grande matematico austiaco, poi naturalizzato americano, il quale sin da giovane elaborò tutta una serie di teoremi che furono molto significativi ed anche molto discussi (come quello che concerne l'esistenza di Dio, secondo lo scienziato). Pur essendo una persona dotata di logica, intelligenza e genio, Gödel ebbe un'esistenza alquanto tormentata, avendo vissuto la depressione, l'ipocondria, vari esaurimenti nervosi e l'anoressia, causata dalla paranoia di essere avvelenato, che lo portò a lasciarsi morire di fame. Gödel morì infatti d'inedia, lasciandosi morire di fame.

Parimenti alle storie di grandi geni (come il famoso John Nash, portato in auge dal film "A beautiful mind") che non seppero contenere il loro genio, dalle stelle alla deriva della salute mentale, trascinato lontano da assiomi, teoremi, numeri, logica, ecc... ebbe però la benedizione di una moglie che teneva moltissimo a lui, di sei anni più grande, Adele, una ex ballerina che annullò se stessa per preservare la vita stessa di Gödel.

Ed è proprio la disamina del rapporto tra Adele e il grande scienziato, che Yannick Grannec analizza in questo stupendo romanzo.


"La Dea delle Piccole Vittorie" è il superbo affresco di una coppia, ma a mio avviso lo in particolare di una donna, che porta sulle spalle la responsabilità materiale e morale di due persone, essendo una assente per la maggior parte del tempo.

Certo, Gödel non era del tutto assente, ma fare il matematico,  non è fare un qualsiasi lavoro, ma uno di quelli che associ con la tua intera essenza, costituisce la tua esistenza, tutto il tuo mondo, e con esso, tutto termina.

Adele è sempre stata una moglie tradita. Non materialmente e fisicamente (forse, almeno) ma sicuramente a livello di testa, di pensiero, di amore. Il primo amore, quello assoluto, imprescindibile e totalizzante, quello che ti rende schiavo e ossessionato, materia plasmabile nelle braccia dell'amante, quello era la matematica per Gödel. Adele veniva, ed è venuta, sempre dopo.

Vivere con un musicista, con un matematico, un pensatore, un filosofo, un fisico è innanzitutto rinuncia: a essere la prima persona amata, a venire prima nella coppia, alla propria fisicità, alle proprie necessità, i propri sogni, a se stessi. Per questo, secondo me, è complicato stare vicino ad un uomo di scienza, o più in generale di pensiero.

"La Dea delle Piccole Vittorie" narra questo, almeno nella prima parte, dove vediamo una coppia alle prese con la carriera, le scoperte, le conoscenze illustri di Gödel. Vediamo un genio che man mano si opacizza e diviene sempre più essenza che materia, presenza che vera e propria esistenza, almeno a fianco della moglie che lo vede piegarsi alla mente che sfugge nel delirio di una mente geniale, ma sempre più logorata e logorante, per chi gli sta a fianco.

Adele racconta, ormai anziana, ad un'altra donna, che sta cercando il testamento di Gödel, come sia stata la sua esistenza, prima con reticenza, ma poi, trovando assennata comprensione, con sempre più voglia, la storia di un amore gravato da pesi, da problemi, da affanni, da malattia che logorano tutto: il rapporto, l'uomo, il futuro e la donna.
Perchè tutto, a un certo punto, diventa dolore e logorio, lo si vede assistendo al racconto di un'Adele profondamente provata da una vita difficile da gestire, con un uomo che anche se estremamente geniale, era davvero molto, ma molto difficoltoso.

Facile e semplice dire che l'amore aiuta, l'amore guarisce, spinge e motiva, ma è anche vero che a volte l'amore è anche la zavorra che ci conduce e trascina laddove il confine con la pazzia e il logorio metale sono possibili e inevitabili. Ed allora l'amore è davvero tutto ciò che rimane, forse.



Yannick Grannec. Di professione designer, è diplomata in design industriale e appassionata di matematica. La dea delle piccole vittorie è il suo primo romanzo, riconosciuto in patria come esordio di eccezionale valore letterario e premiato con il Prix des Libraires 2013.

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