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martedì 29 ottobre 2013

Recensione: "Passi" di Jerzy Kosinski


Passi 






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Passi
di Jerzy Kosinski
Pagine 192
Prezzo  16,00
Elliot
già disponibile

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Un motivo oscuro e strisciante sembra attraversare questo lavoro di Jerzy Kosinski. 
cover originale
Un legame sotterraneo tra passi discontinui, inclinati e circospetti che scavano il solco di una trama occulta e inafferrabile.
Qui gli uomini subiscono strane sorti: vengono spiati e spaventati, accerchiati e sedotti, analizzati, distrutti, abbandonati, uccisi.
Le loro storie si succedono tra enigmatiche soluzioni di continuità.
Un domino di reminiscenze che affiorano da acque primordiali come antichi pesci degli abissi.
Racconti compatti come criptogrammi e lievi come scaglie di luce.
Immergervisi significa entrare in un mondo ancestrale e pulsante fatto di sogni, varcare l'assurdo, l'io, il trascendente, il reale inintelligibile, i segni, le allegorie.

 

Considerazioni.
Non è propriamente un romanzo quello di cui vi rendo conto oggi, quanto piuttosto una raccolta di racconti molto particolari, quasi fossero pensieri incatenati gli auni agli altri, molto inicisivi, che scavano nel profondo della personalità umana, in modo particolarmente violento, sensuale, passionale, crudo e che tramite frammenti compongono un quandro più grande di quello che ci si aspetterebbe e che a prima vista apparrebbe.

Passi, è un romanzo certo, ma è un romanzo costruito da frammenti, costituito da una forte, anzi fortissima componenete autobiografica, che regala al lettore forse il più noto componimento dello scrittore.  Di questo scrittore sicuramente molto capace, ma altrettanto strano, eclettico, consapevole delle proprie capacità, molto ... visionario, destrutturato nella sua scrittura.

Passi, è una danza, un ballo veloce, lascia impronte vicine, leggere, incisive.

Con piccoli passi - e una luce che illumina solamente quello che Kosinski ci vuole far vedere - ecco che la danza inizia, che la storia prende piede, che tutto s'incupisce d'un tratto, che la scrittura incide come un bisturi una storia inanellata all'altra, una catena di storie che potremmo definire come "sporche", macchiate di cupo, becero stupore che macchia come inchiostro la parete immacolata della coscienza, dell'umanità intatta con vicende come la brutalità, la bestialità dello stupro, la depravazione dell'uomo quando esso viene ridotto alla pallida ombra di un suo pensiero, quanto tutto quello che rimane all'uomo è l'animale istinto di autoconservazione che serba nel suo nucleo centrale, nei muscoli, nell'istinto. 
Non solamente a livello fisico, però. Infatti Kosinski esamina l'uomo si a livello fisico e materiale ma anche a livello di spiritualità, di moralità.



Non è un libro che si ama per le sue parole, per i suoi voli pindarici, per la sua gioia di narrativa. E' un romanzo che si ama - e/o che si odia al contempo - solo per il fatto che mostra una delle personalità dell'uomo, quella più brutale e, come dicevo prima, becera, moralmente, almeno di primo acchito, inaccettabile e ripugnante. A livelllo psicologico è una lotta alla comprensione e al realismo della nostra condizione. Non è un romanzo di facile accettazione da un certo punto di vista, ma è un affresco comunque estremamente intrgante, interessante ed a volte anche sensuale.

Cosa ci vuole dire Kosinski? Che l'uomo è una bestia. Non c'è salvezza, non c'è redenzione per esso. Punto. L'uomo è quello che è, lo possiamo vestire con begli abiti, dargli degli ideali per cui lottare, ma alla fine, se lo mettiamo alla prova, l'uomo risulta essere quell'animale che vive d'istinto, che ragiona da bestia, dalla quale deriva per evoluzione, e che non permetto di definirlo in altra maniera.

E' libro molto duro, particolarmente intenso, che porta al conflitto interno, che permette di pensare materialmente e spiritualmente al cosa siamo, cosa volgiamo, cosa possiamo o vogliamo diventare, se posti in determinare circostanze, esposti a determinate condizioni.
Io mi sento di consigliarlo a tutti coloro che cercano un libro per leggere e scavare nel proprio profondo Io, per guardare nelle profondità del proprio essere e vederne il bene ed il male, il meglio ed il peggio e nonostante tutto cercare di superarli e per quanto possibile accettarli, per migliorarsi e mettersi in gioco. Sempre.





Jerzy Kosinski Ebreo statunitense di origine polacca (nacque a Lodz nel 1933), dopo una giovinezza di stenti durante la quale lavorò nei bar e nel porto di New York, si dedicò alla narrativa denunciando i vizi e le tragedie della società contemporanea e descrivendo l’uomo isolato nella sua disperata e disattesa ansia di libertà. Vincitore di numerosi e prestigiosi riconoscimenti, autore discusso e spesso al centro di aspre polemiche, si tolse la vita nel 1991 a New York. 

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