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La Macchina
Fatale
di Ned Beauman
Pagine
368
Prezzo
17
Neri Pozza
Già disponibile
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Nella Berlino prenazista degli anni Trenta si aggira un giovane scenografo del nuovo teatro espressionista tedesco, Egon Loeser, con due ossessioni che lo tormentano senza posa: Lavicini, il celebre scenografo italiano che alla fine del Seicento trovò la morte – insieme a una ventina di altre persone – schiacciato dal macchinario da lui stesso inventato per spostare rapidamente gli attori tra un cambio di scena e l’altro; e Adele Hitler, una magnifica e sfuggente ragazza.
Con Lavicini, Loeser riesce a fare i conti: insieme col regista Blumstein, da anni suo fedele collaboratore, scrive un dramma a lui dedicato da mettere in scena utilizzando la stessa macchina fatale costruita dallo scenografo seicentesco.
cover originale
Con Adele Hitler, le cose sono decisamente più ardue. Riuscire a fare sesso con lei equivarrebbe per Loeser alla costruzione di cento macchine fatali, alla realizzazione del sogno della sua vita.
Per inseguirla, Loeser si trasferisce a Parigi, dove cerca di indagare anche sull’oscuro passato di Lavicini. Nella Ville Lumière conosce per caso Herbert Scramsfield, uno scroccone ciarlatano di Boston, venuto a vivere pochi anni prima a Parigi con la speranza di pubblicare un romanzo cui sta lavorando da anni.
Negli anni Trenta, tra le classi alte europee, riscuotevano successo le teorie di Serge Voronoff, un chirurgo e sessuologo russo che praticava l’innesto di testicoli di scimmia sulla pelle dei suoi pazienti come tecnica di ringiovanimento.
Con maestria Scramsfield riesce a tendere un tranello a due facoltose signore americane spacciando l’ignaro Loeser per il noto medico. È a Los Angeles, però, dove la bella Adele Hitler si trasferisce, che si gioca la partita finale tra Loeser e il suo sogno o, meglio, la sua chimera: riuscire ad andare a letto con la seducente giovane tedesca.
Considerazioni.
Joe Dunthorne, The
Guardian ha scritto di Beaumna «Magnifico
[…] con un protagonista, scenografo teatrale tedesco, troppo assetato di sesso,
troppo vittimista e, di solito, troppo impegnato a smaltire la sbornia per
notare gli avvenimenti storici attorno a lui».
Concordo.
Ho letto questo
romanzo con la consapevolezza che sarebbe stato qualcosa di assolutamente
particolare. Non pensavo, però, che fosse così pieno di … di un tutto quasi
inafferrabile ed indefinibile: eventi, in pratica una girandola di luoghi, di
personaggi, di sentimenti, di oggetti, di frasi, di aforismi, di metafore,
pensieri sparsi, ecc ...
In realtà non sono
ancora sicura di aver metabolizzato del tutto questa storia, mentre vi scrivo
questa recensione, di aver compreso l’intento dell’autore nel porre per
iscritto questo personaggio strambo, per cui vi premetto che questo mio parere
sul romanzo non potrebbe essere più personale e soggettivo, visto il romanzo,
visto l’autore, vista la scrittura che ne emerge e la storia che sortisce.
Questa recensione
parte con l’intenzione di narrarvi la storia de “La macchina fatale” che
ipoteticamente è la storia di un progetto di uno sceneggiatore teatrale che per
entrare nella storia vuole andare oltre ove Lavicini si è spinto (e morto) per
rendere più reale il teatro, ma che diventa poi la storia della vita di quello sceneggiatore,
Loeser, della sua smania della ricerca di due cose: la gloria nel suo progetto
e una certa Anna Hitler, sua allieva tempo addietro, con cui non riesce mai a
realizzare il suo sogno proibito: andarci a letto. Attraverserà
tempi e spazi diversi, diverse mode, pensieri, continenti, ma non sempre più
sofferente e represso andrà in giro come un ceco, bisognoso come un affamato,
della gloria, dell’amore (forse), o meglio, del sesso.
Come vi dicevo è
un romanzo con una struttura particolare, non tanto per la trama (che vi lascio
leggere sopra) che non lascia nulla di complesso dietro di sé, ma un po’ per il
romanzo nel suo complesso, il quale trova una scrittura molto forbita, satura
di iperboli, metafore, aforismi, riferimenti letterari a volte sottilmente
inseriti, a volte palesemente esibiti, percorre differenti periodi storici,
diversi pensieri e in essi lascia considerazioni, pensieri, gaudenti ironie
sulla società, sulla moda, sulla politica e sull’intelligenza umana.
Non è un romanzo
dalla lettura immediata, proprio per l’incastro grammaticale e l’estro dell’autore
nel far emergere la sua gestione complessiva e difficile della sua conoscenza, del
suo sapere, del suo bagaglio culturale (molto vasto e assolutamente privo di
boria) unitamente ad una trama squisitamente folle e assolutamente libera dagli
schemi (io lo definirei come il Burton della letteratura). Però, ecco che è
impossibile non vederci genialità, freschezza e bellezza.
Una volta entrati nel meccanismo della lettura strana e colta di Beauman, che è una scrittura complessa, essa ha innegabilmente invettiva, fascino, magnetismo.
Beauman crea
un personaggio, Loeser, che sebbene sia collocato in un lontano passato, è
moderno nella sua visione del mondo, nella sua ricerca del sesso, della fama.
Loeser ha fame di tutto ciò che odiernamente consideriamo essenziale, ed è
frustrato nel medesimo modo in cui sono frustrati coloro che non raggiungono
questa essenzialità; plauso personale poi per la descrizione e la
rappresentazione della società, che è ben rappresentata nel tempo in cui Loeser
vive le sue avventure, ma traslabile ad ora, ai nostri giorni, ne risulta
infatti una parodia efficace e ironica di quello che ad oggi la società vuole
ed impone.
Io consiglio di
affrontare questa lettura con uno spirito aperto, senza cercare di andare a
focalizzarsi singolarmente sui vari elementi che compongono il romanzo (quindi
cercare di comprendere meglio o solo la trama, o i personaggi, o gli
avvenimenti, ecc…) ma di prendere questa lettura come viene, godendo della
scrittura, delle bellissime citazioni, i riferimenti colti, di una letteratura
passata, ma non morta, di Loeser, di Anna Hitler e di Parigi, Los Angeles,
ecc...
La comprensione della trama arriva giocosa da sé, la comprensione delle azioni dei personaggi, anche. La bellezza della storia arriverà spontanea e meritata nella sua globalità e imperfezione e ne gioirete.
Consigliato!
Ned Beauman è nato nel 1985 a Londra, e
attualmente vive a New York. Ha scritto per Dazed & Confused, AnOther e per
il Guardian. Il suo primo romanzo, Pugni svastiche scarabei, è stato finalista
del First Book Award del Guardian e del Desmond Elliot Prize, e ha vinto il
Writers’ Guild Award for Best Fiction Book e il Goldberg Prize for Outstanding
Debut Fiction. Ned Beauman è stato inserito da The Culture Show tra i 12
Migliori nuovi scrittori inglesi nel 2011.
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