Non
andartene
docile in quella
buona notte
di Elizabeth Hawkins
pagine 100 circa
di Elizabeth Hawkins
pagine 100 circa
prezzo 2.68€
Self-published
già disponibile
voto:
3/5
3/5
--o--
Ginny e Jason sono due ragazzi di vent'anni di Padova che si incontrano in circostanza particolari: in un reparto psichiatrico.
Entrambi stanno infatti passando un brutto momento: lei è reduce da un tentativo di suicidio, lui ha appena perso la sorella gemella.
Le circostanze non sono ottimali, eppure l’amore sboccia, dolce e tenero e li sorregge nei momenti bui che attraversano dopo le dimissioni dall’ospedale.
Riuscirà l’amore ad essere abbastanza?
La loro storia sarà il fattore scatenante per la loro guarigione o quello che li trascinerà a fondo?
Una storia di dolore e speranza. Due ragazzi che nella sofferenza comunicano tramite la poesia e grazie all'amore trovano la via per uscire dall'oscurità.
Se mi seguite da qualche tempo saprete della passione viscera, quasi un pò folle per la poesie, ed in particolare per Dylan Thomas, che amo profondamente per la sua poesia folle, prepotente e toccante, che con Altri da te ha toccato qualcosa nel mio spirito che riverbera ancora oggi dopo moltissimo tempo.
Quando l'autrice di questo romanzo, la Hawkins, mi ha domandato parere della sua opera mi ha lasciato un pò senza fiato, perchè mi sono resa conto che il titolo non era null'altro che un'ode di Thomas.
Non andartene docile in quella buona notte,
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.
I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
Infuria, infuria, contro il morire della luce.
Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
Perchè dalle loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno docili in quella buona notte,
Perchè dalle loro parole non diramarono fulmini
Non se ne vanno docili in quella buona notte,
I probi, con l'ultima onda, gridando quanto splendide
Le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
S'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.
Le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
S'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.
Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
Troppo tardi imparando d'averne afflitto il cammino,
Non se ne vanno docili in quella buona notte.
Troppo tardi imparando d'averne afflitto il cammino,
Non se ne vanno docili in quella buona notte.
Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
Che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
S'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.
Che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
S'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
Benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.
Benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.
Il mio animo s'infuria e irrompe prepotenta alle parole di Thomas, che attaccava tutto con le sue parole e quando ho aperto in romanzo di questa autrice mi aspettavo un sentimento che conducesse a quel sentiemento di furore, di passione viscerale, di sovversivo tormento.
La storia parla di Jason e Ginny, i quali si incontrano in uno ospedale psichiatrico a seguito del loro passato, alle loro famiglie e soprattutto ad alcuni eventi drammatici che li ha coinvolti e che hanno influito pesantemente sulla loro mente provata e fragile al sentimento, incrinata dal dolore, dal tormento. Jason ha visto morire - causa overdose - la sorella gemella, mentre Ginny è piuttosto provata da un segreto, in particolare, la quale l'ha spinta alle soglie del non ritorno al mondo dei vivi.
Entrambi, sia durante che dopo il ricovero, si scrivono poesie e parole che poi si scambiano, e così facendo si avvicinano, si conoscono. La poesia permetterà loro di avvicinari i loro animi interrotti dagli eventi, piegati dal destino, ma non del tutto appassiti e morti.
Perchè la poesia, in fondo, è questo, avvicinamento dell'impalpabile. Ho sempre creduto che la poesia sia un avvicinamento di anime, con parole che ti comprendono e tacitamente colgono il tuo stato d'animo ... più di una mano che ti sfiora o un abbraccio che ti stringe. La poesia coglie - incredibilmente - il tuo sentimento interiore più profondo, di coglie impreparata nel tuo intimo e ti scuote dal torpore dicendoti, con parole dorate, che qualcuno ci è già passato e ti obbliga, nel tuo intimo, ad ammettere quello che tormenta il tuo animo e scuote il tuo cuore a tal punto da espellere il tuo tormento in lacrime e sale.
Thomas, Bronte, Prevert, Neruda, Tagore, Baumann, Whitman, Ibsen, Cohen, ecc... vengono snocciate per esplicitare l'animo dei personaggi, il loro dolore, il loro sentimento e avvicinamento. La Hawking imbastisce sostanzialmente un romanzo drammatico, tormentato, ma anche una sorta di testimonianza di speranza, un esempio di luce oltre le tenebre, di superamento degli accadimenti brutti e negativi che sembrano siccedersi e mai allontanarsi, ma come grosse nubi alla fine, con speranza e merito, si diradano.
E' questo, a mio parere, nel romanzo, sono stati messaggi importanti, esposti anche in modo toccante. Tuttavia l'autrice a un certe punto si perde, come quando arriva un tornado, che quando giunge con la sua carica di sconquassa e sconvolge per la sua impetuosità, ma poi ... da un momento all'altro ... perde la sua carica e si disperde nel vento lasciandoti disorientata e persa.
La Hawkins da questo punto di vista mi ha un pò deluso verso la conclusione. Non tanto il fatto che la storia risulta un pò scontata, quanto piuttosto per il fatto che era partita benissimo, con davvero tanto potenziale incredibile di personaggi e poetica dalla sua parte che poi si è sgretolata nelle sue mani con un finale estremamente veloce, troppo per un'evoluzione mentale tale giustificare possibile quella scelta dalla Hawkins per essere credibile o quanto meno, per chi legge, giustificanbile e credibile.
Non so se avete letto "Veronica ha deciso di morire", vi assicuro che all'inizio del romanzo c'era un impeto di quel genere, una volontà nella lettura di questo romanzo che avrei giudicato inscalfibile, ma poi un pò ammaccata ne è risultata. E mi è dispiaciuto molto.
Spero davvero che la Hawkins scriva altre opere, perchè è brava, ha davvero qualcosa da raccontare e lo fa uno stile semplice, pulito e coinvolgente, ma spero anche che nel futuro abbia meno fretta di "concludere i cerchio" del finale, perchè mi ha fatto sentire come derubata di un pezzo di storia e ci sono rimasta male. Tre teierine per la bella prova iniziale!
Elizabeth Hawkins è lo pseudonimo con l'autrice cui firmo le sue opere. "Ho deciso di nascondermi dietro questo nome per diversi motivi, uno dei quali è che anche se è in gran parte un’opera di fantasia, nel mio libro ci sono raccontati anche dei fatti reali della mia vita di cui non voglio che le persone che conosco vengano a conoscenza.
Sono una studentessa di psicologia e blogger. Ho tante passioni: leggere, dipingere e naturalmente scrivere… Ho iniziato a scrivere per caso, come terapia, poi è diventata una passione e adesso scrivo a più non posso, la mia mente è sempre piena di storie che devo riversare da qualche parte. Non so esattamente quando la scrittura sia diventata così importante per me, credo che si sia insinuata piano piano, subdolamente e mi abbia rapito così il cuore e ne sono felice…"
--o--
---oOo---
Dodici posti
dove non volevo
andare
di Clara Cerri
pagine 179 circa
prezzo 1.49€
Lettere Animate
Lettere Animate
già disponibile
voto:
3/5
--o--
3/5
--o--
Nel 1968 un giovane cantante americano, William Denver, dopo un fallimento clamoroso cerca rifugio nell'amicizia di un maestro di musica rinascimentale di Roma.
Da qui parte una bizzarra saga famigliare in tredici racconti, dagli anni '50 ai giorni nostri, la storia di tre generazioni in lotta per affrontare le perdite e difendere una rete di affetti, cercando armi nella musica, nell'arte, nell'ironia o nell'eros.
Sono personaggi fragili e tenaci, voci dell'ombra interiore, dell'anima dolente del mondo, che continuano a parlare e a farci ridere anche dopo morti.Considerazioni.
Una raccolta di racconti con un filo narravo che lo muta in un romanzo, quindi in qualcosa di più complesso e articolato.
La Cerri utilizza epoche e luoghi differenti per imbastire un romanzo che diviene una grande saga familiare molto articolata, se devo confessarvi, nonostante poco meno 200 pagine di cui si compone. Si parte dal 1956 per andare al 1967, tornare al 2013, catapultarsi negli anni settanta, tornare al nuovo millennio e così via per un complesso di quindici capitoli che trasportano il lettore avanti ed indietro nel tempo intessendo una storia che ha molte pieghe, segreti e intrecci narrativi variegati.
Devo dire che ho trovato questa storia interessante, variegata, non senza difetti (come le ridondanze e le divagazioni abbondanti), ma piacevole e gradevolissima nel suo complesso, ammetto.
Interessante perchè la Cerri è una persona molto colta, si capisce, emerge palesemente dal romanzo, e questo concede al lettore momenti di interesse per gli argomenti ed i temi trattati, inoltre questasua cultura viene percipita senza spocchia, anzi, è inserita intelligemente, con acute osservazioni, digressioni, citazioni, ecc... ma devo dire che, almeno per, la scelta di narrare come a caso i capitoli della storia nel suo complesso, mi è pervenuto come tante tessere un pò scollegate tra loro, come se non riuscisi nemmeno a definire con particolare precisione il genere in cui collocare la storia. Perchè alla fine è una via di mezzo tra una raccolta di racconti e un romanzo.
Questo non vuol dire che non abbia apprezzato il contenuto delle singole avventure a cui la Cerri ci introduce, che risultano essere molto differenti l'una dall'altra, piacevoli e con tematiche che sono molto interessanti da leggere e approfondire singolarmente.E' un libro estremamente profondo, che indaga l'animo umano sotto differenti sfaccettature, tutte intrigantissime da approfondire e su cui riflettere. Davvero.
Anzi, invito i lettori ad avvicinarsi a questo romanzo proprio per la ricchezza di cui è composto, dalle citazioni magnifiche di cui è arricchito e che sono un piacere da leggere. E' bello leggere lo stile di questa scrittrice, immergersi nelle vicende che narra e soprattutto vivere quelle storie dal suo punto vista privilegiato e particolare, perchè è qualcosa di profondamente diverso da quello che potreste aspettarvi.
Clara Cerri. Nata a
Roma negli anni ’60, ha studiato ebraico e lingue orientali antiche, ha
scritto articoli e saggi e ha tentato la carriera universitaria
ottenendo borse di studio e insegnando come precaria, ma è stata anche
traduttrice, socia di un’agenzia di Wedding Planner, addetta al bookshop
di una mostra e venditrice senza successo di spazi pubblicitari. Nel
2011 ha seguito un corso di Scrittura creativa finanziato dal Fondo
sociale europeo. Ha studiato canto e recitazione e attualmente fa parte
di un coro polifonico dedito alla musica rinascimentale e di un gruppo
fusion-acustico. Ha al suo attivo diversi racconti pubblicati in
antologie e sul web. “Dodici posti dove non volevo andare” (ed. Lettere Animate) è il suo romanzo d’esordio.
Posta un commento
Se volete lasciare un commento mi fa molto piacere ...